storia 8, 24 febbraio 2022
            by Gianni Marietta

Nella storia dell’Oratorio Salesiano Michele Rua, a cominciare dal lontano 1922, anno dell’approdo in via Paisiello, sono tanti gli autori e gli attori che sono transitati sul palcoscenico del Teatro Monterosa. I versi drammatici e comici, come la piacevolezza delle realizzazioni teatrali, sono tutt’ora ricordate nella borgata, ma, naturalmente (ed è un peccato), sempre più di rado. Così è un piacere, di tanto in tanto, riportare alla memoria qualche personaggio che rischia, col passare del tempo, di finire nel dimenticatoio.

Vittore Tagliabue, che in arte si firmava “Victor”, era stato allievo della scuola di Valdocco e solo in un secondo tempo era diventato oratoriano del Monterosa. A Maria Ausiliatrice aveva frequentato la scuola di Tipografia e aveva imparato a suonare la tromba nella banda del maestro Dogliani, strumento che avrebbe poi utilizzato per tutte le sue composizioni musicali. Essendo a Valdocco,

aveva potuto essere presente al letto di morte di don Michele Rua, baciargli la mano e ottenere la sua benedizione.

Finita la scuola, aveva avviato la sua lunga vita di lavoro da tipografo compositore e correttore di bozze.

Ma quel che ho piacere di ricordare e di raccontare oggi, in particolare, è l’attività di Victor dai primi anni ’30 fino al 1972, periodo in cui fu attore in vari lavori teatrali e soprattutto validissimo poeta, autore di prosa e di musica.

Negli anni d’oro della sua produzione utilizzava molto il piemontese, all’epoca lingua ufficiale della Barriera, ma i titoli delle sue opere erano in italiano. Al regime fascista non piaceva troppo sentire in giro lingue “francofone” ed il circolo giovanile dell’Oratorio era già stato sprangato più di una volta per ordine di qualche gerarca.

Ricordiamo, per cominciare, la farsa “Un processo originale”, il dramma “La casa degli eroi”, le commedie “Un sogno fantastico” e “L’astuzia di Camillo”, la parodia dall’opera lirica di Giuseppe Verdi “Otello”, lo sketch “Il diavolo e l’ubriaco”. E c’è pure la fantascienza, con l’atto comico “Anno 2000”!

Poi, la grande produzione di lavori musicali: la commedia “La serenata di Gelsomino”, la farsa “Scuola all’aperto”, l’atto comico “Trombolin Canòta dal dotor Canamìa”, le operette “Le maschere”, rappresentata per la prima volta il martedì grasso del 1932 al cinema Sociale di corso Vercelli, “Nell’Olimpo degli Dei”, con “La canson ëd Giandoja” e “La canson ëd lë sfolà”, interpretate allora da Beppe Canale, attore amatoriale tra i più validi nella storia del Monterosa, canzoni che diventarono in breve due dei motivi più canticchiati per le vie della Barriera, “Il barbiere di Vanchiglia” e la rivista “Questi ragazzini”, ricca di tante canzonette in voga negli anni ’30 e ’40.

Compose inoltre un’infinità di monologhi e poesie, in piemontese e in italiano, “Giangiaco Rotaja”, “Me ne vado al Paraguay”, “Timidëssa”. “A santa Cecilia”, “Al simitéri”, “Anonsi matrimoniaj”, “Che bërtavéla!”, “Gentilësse”, “An ferie, finalment!”… Ancora oggi la Companìa Teatral Carla S., nata nel 1975 al Monterosa, in diverse occasioni inserisce nei suoi spettacoli qualche brano di Victor.

Anche quando era ormai costretto a letto, molto malato, con la mano tremolante ha scritto una gioiosa poesiola per un matrimonio che si sarebbe celebrato di lì a poco. Morì tre giorni dopo, nel 1972, all’età di 76 anni.

Don Bernardo Masoero, anche lui apprezzato poeta piemontese, un bel giorno aveva detto a Victor: “Perché non fa stampare e pubblicare i suoi capolavori, che hanno tanto successo tra di noi, così da espandere la sua notorietà e magari racimolare pure qualche soldino?”

La risposta: “Ah, per me così è sufficiente… mi diverto a inventare sempre nuove trame, battute, motivetti… mi riempiono il cuore di serenità e rallegrano la brava gente che ha la bontà di stare ad ascoltare!”