La storia della presenza salesiana
Gli inizi
Don Elio Scotti: una commemorazione in occasione del 70° di vita del Michele Rua. (1991)
Il “Monterosa” è un nome prestigioso, assunto da questa zona di Torino e da quella via che guarda diritto alla vetta del Rosa, illuminata dal sole della Lombardia.
Il centro della borgata era là, al fondo: sterpaglie, orti fino alla sponda della Stura; alla cima: via Candia, piazza Bottesini, al n°. 9 di via Candia un caseggiato, un capannone dell’impresario Grassi Luigi, messo a disposizione del salesiano Don Lunati, che lo chiamò “Ricreatorio Mamma Margherita Bosco”, l’anno 1917. Quella struttura divenne di volta in volta sala da giochi, cappella, sala di musica, con tavoli e panche, che si spostavano a seconda dell’uso.
Il 19 giugno del 1921 il card. Richelmy pose la pietra angolare della cappella e dell’oratorio di via Paisiello, angolo via Viriglio. Le altre pietre, sotto la guida della ditta Grassi, le portarono, assieme ai mattoni, i giovanotti di via Candia. 11 30 luglio del 1922 Don Gallenca, con fanfara e bandiera in testa, capeggiava il corteo di trasferimento da via Candia all’Oratorio “M. Rua”.
Qui grande chiesa, allora aperta alle distese di prati, un cortile enorme, e poi banda, cantorie, squadre e i Luigini, associazione dei piccoli, e poi gli aspiranti-ragazzi e il Circolo giovanile e i Padri di famiglia. Lo scatenato Don Barbero e il missionario monterosino, poi indiano, Don Cignatta, con Brusa, Ciochetti, Naretto, Spnno e Venezia dominavano la gran tribù dei ragazzi.


Lo Sviluppo
Ma nel 1925 arriva Don Bernardo Masoero, lo sportivo e il filodrammatico. E’ una esplosione di iniziative: Valinasso, Mazzucco, sportivi di serie A, Canale, Oglietti, Camino, Gianotti … Che maschere alle commedie e alle operette! E così, mattone su mattone, sorge il teatro nel 1926, con qualche film, cui i ragazzi potevano andare gratis, con i due bollini di presenza. Alle musiche di Don Cimatti vengono i grandi, mentre i ragazzi più bravi, con Vagnino e Plenazio, fanno gli scout, amici dei campi e dei monti.
Il Dopoguerra
Don Teodoro, ex-cappellano, Don Martano, Don Quarello, ex partigiano, Don Paolo Psenda, cappellano alla FIAT Grandi Motori, ricostruiscono gli uomini, mentre Don Masoero, dopo aver cantato canzoni italiane e piemontesi in U.S.A., nei cenoni della California, ritorna con manciate di dollari per riscostruire l’Oratorio e costruire a nuovo la scuola, l’edificio, grande e bello, lungo Via Paisiello, e il teatro nuovo, lungo via Brandizzo, poichè il vecchio teatro è stato trasformato in laboratorio di meccanica per la scuola di avviamento.
L’era “Don Elio”
Arrivò – dicono le cronache del ‘48- un neo-prete dai capelli rossi, poi neri, oggi bianchi, “presuntuoso” nel credere alla onnipotenza di Dio nel cuore dei giovani, disponibile ai grandi ideali, “trafficone” e prepotente, ma sbozzatore di caratteri e creatore di novità, nel dare piena responsabilità ai più dotati, fiducia e confidenza, ma esigente molto.
E accanto a lui il cesellatore paziente e benefico, Don Guido Abà, e poi un battagliero Don Silvio e quindi un entusiasta Don Domenico.
Il Circolo s’ingrandì con i due saloni “Don Gallenca”, i giovani passarono da 100 a 200 con seri impegni settimanali: poi con altri 200 giovani tesserati “amici”, con la società sportiva “Auxiliuni Monterosa”, iniziata con Don Borgogno, con la Gioventù di Azione Cattolica: 70 giovani e giovanissimi e 12 signorinette.