I fatti risalgono ai tempi in cui via Ponchielli è una strada sterrata rialzata su un argine e da cui si scivola giù frenando con le suole per entrare allo “stadio” Casalbore, laddove gioca il suo campionato dilettanti l’Auxilium Monterosa. Si tratta di immaginare una Barriera piena di prati e di orti, dentro i quali ci si può districare tirando alle lucertole con le fionde, senza temere l’intervento della Lega per la protezione degli animali. E già che ci siamo, si accede volendo allo splendore bucolico, quasi pastorale, di una cascina con tutti i sacri crismi di una civiltà contadina perduta ai margini della grande città e ormai fagocitata (e ristrutturata) tra i condomini di via Cherubini e via Sempione.

Proprio in un’atmosfera d’antan di siffatta sostanza, succede ad un “bocia” di 11 anni di inforcare la bicicletta e tirare la volata in via Brandizzo, per infilare in velocità il portone che introduce nel cortile delle adunate pre doposcuola, passando davanti alla scala che porta al teatro e al gabbiotto del custode, vera sorta di chi prende atto che lì finisce la scuola e inizia lo sciamare dai banchi.  Tutto meno che Caron Dimònio nella Commedia.

Siamo in Prima media e si fa sul serio, mica come nelle Elementari. Si cambia professore ad ogni ora e tra un don Masoero che pontifica in inglese, un signor Avanzi che disegna espressioni alla lavagna, con un fugace passaggio di don Martano in aula disegno e il signor Manzo dietro agli alambicchi, chi staziona con assiduità tra noi allievi e per distacco rispetto ai confratelli è il signor Castino Giovanni, da Alba o giù di lì, origini vignaiole e che cosa altro, se no?

Il gioco e l’allegria sono le prerogative. Il gioco come alleggerimento del peso del dovere, che si deve perseguire e non accantonare. L’allegria, magari con la fisarmonica e la voce stentorea, perché don Bosco ci vuole così, allegri. Eppure, quando a chi scrive viene addosso una 500, quelle di una volta,  frutto delle mani dei battilastra, senza plastiche adattate, allegria o no, il sig. Castino monta sul suo mitico motorino e, con qualsiasi tempo (allora l’autunno era autunno e di inverno nevicava) si presenta tutte le sere a casa nostra per ripetere le lezioni del giorno di tutte le materie, mentre seduto sulle gambe di papà, riesco ad allungare le membra ingessate. Devo a lui la salvezza di un anno scolastico pieno di assenze e di stampelle. E siccome alla soglia dell’adolescenza si hanno recuperi prodigiosi, nell’anno nuovo, quello di mezzo nel corso della scuola media, le energie dicono che nella squadra della classe ci posso stare. In porta.

Chi arbitra le partite del torneo tra le classi, sul campo grande, fatto sgombro all’occasione, come solo durante i tornei estivi di calcio a 7, costantemente vinti dai Vigili del Fuoco, dal fisico da veri e propri atleti? Risposta facile: il sempre presente signor Castino. Andando su e giù per il campo, in una zona limitata, con andatura moderata e sudore controllato, il suo fischietto segnala scontri di gioco poco ortodossi e tante reti. Come quelle che conto a memoria senza bisogno del pallottoliere e che incasso senza pietà. Eppure a Domenico Maggiora nego un paio di reti fatte e guardo di nascosto come para un certo Garella, che all’oratorio non usava ancora le gambe e i glutei per fare sfoggio di…”garellate”. Mimmo avrebbe vinto un campionato Primavera con la maglia della Juve e sarebbe stato parecchi anni a Roma in giallorosso. Di Garella basti ricordare che a Verona avrebbe contribuito e non poco allo scudetto storico dell’85. Perchè al Michele Rua ai tempi che trasudano da queste righe, si fa strada anche l’eccellenza, come la punta di un iceberg, dentro il quale stare tutti noi bei comodi.

Qualche volta le fischiate del signor Castino (signor sinonimo di arbitro, come Angonese, Lo Bello, Gonella) risultano cervellotiche, di difficile interpretazione, ma come si può contestare un arbitro senza giacchetta nera? Un professore che appende in bacheca i voti dei giocatori e che decide pure le squalifiche? Parafrasando una nota pubblicità di pelati che vedeva protagonista il gatto Silvestro alla perenne caccia di Titti: “Eh, no, sul signor Castino non si può…”

E così, si ritorna sulle “sudate carte” seduti al banco, con l’aggiunta di sudore da gara, bastonati per l’oceanico cumulo di reti preso dai “più grandi” della terza B o incavolati neri per la rete ciccata che   può farci pareggiare con la seconda A.

Ora il signor Castino è all’armonium mentre cantiamo le melodie di don Machetta, anche se in fondo al cuore si prepara la sfida alla terza A, quasi più importante del compito di matematica. Piace ricordarlo col suo vicione scolpito nella roccia, tra una croma e una semiminima sullo spartito, con un fischietto in tasca e una barzelletta per alimentare l’allegria. E mentre si cerca uno stelo d’erba, miracolosamente salvatosi dall’avanzare del progresso e del cemento, la nostalgia è in agguato, malcelata nella giostra perenne di auto in piazza Respighi.