storia 1, 30 gennaio 2022
by Carlo Alberto Carpignano
Era la notte di Pasqua, quella notte. Il 6 aprile 1985. In fondo alla chiesa, vicino alle statue dei santi, c’era un libricino viola, con il campanile della parrocchia disegnato a matita, l’Eco di Monterosa, con le notizie, la storia e gli appuntamenti della Comunità. Non fu una distrazione tra le letture, mi colpì il pellegrinaggio in Terra Santa dal 9 al 23 agosto di quell’anno! C’era scritto di rivolgersi al Parroco, don Guido Abà, al quale qualche giorno dopo chiesi se per me e mia sorella ci sarebbero stati due posti per quel viaggio…
Fu l’inizio di una nuova vita, fu l’inizio del futuro che mi aspettava. Da studente di Valsalice, la giornata era fatta solo di scuola, studio, studio, scuola.. non c’era spazio per vivere un impegno, un momento di gruppo, un’esperienza di servizio.
Avevo fatto la Cresima, quell’anno; don Guido vide quel pellegrinaggio davvero come la strada per mettere nelle mie mani la scelta di testimoniare quella fede che avevo confermato ma che era impolverata sotto il peso dei libri di scuola.
Fu difficile entrare nel gruppo, in un circolo giovanile che aveva camminato insieme da anni; per me solo qualche faccia nota, un rapporto tutto da conquistare. Fa ancora venire i brividi rivedersi sui luoghi della vita di Gesù, e decidere che per vivere quell’esperienza davvero dovevo ricominciare da capo.
Ma fu l’inizio. Da lì, il campo di Gressoney di settembre, i gruppi al mercoledì, la preghiera di giovedì, la messa delle 10 la domenica, i tridui pasquali, l’impegno di servizio, e poi il catechismo, l’animazione dei gruppi giovanili, le esperienze a Taizè, a Tamiè, le giornate mondiali dei giovani a Santiago di Compostela, a Czestochowa, la Caritas, fino agli incontri in preparazione del matrimonio.
Da quel giorno, da quel viaggio, l’impegno sociale che portò Marco, me – e poi dopo tanti altri giovani – ad essere consiglieri eletti nella Circoscrizione VI, per fare del servizio un impegno politico. Da quel viaggio, da quella visione di don Guido, l’impegno missionario con l’esperienza della Bolivia, in un luogo in cui per vivere la missione dimenticammo di scrivere le cartoline (le cartoline!) e vivemmo un’esperienza di comunità veramente profonda.
Toccai con mano la generosità di una comunità, il senso di famiglia di don Piero, suor Marisa, e di tutta la famiglia salesiana del Michele Rua, provando a lavorare un po’ in quel cortile per i giovani, la promessa da salesiano cooperatore in un tempo difficile, vivendo la vita con i tempi del Michele Rua!
E da quel giorno gli amici divennero i giovani dell’oratorio, per molti di noi nacquero storie che divennero scelte di vita, matrimoni, famiglie. Per noi, per Carolina e per me, incominciò una nuova vita, ancora una volta all’ombra dell’oratorio, con DDT che venne a benedire il nostro primo presepio in via Viriglio, la sera in cui rivelammo agli amici la data del nostro matrimonio. Fu naturale rimanere a vivere nelle vie del Michele Rua, dove non solo c’erano i legami familiari, ma gli amici, i volti noti lungo le strade, strade a volte difficili e problematiche.
E poi i figli, Francesco, Michele, che continuano il nostro viaggio all’oratorio, i figli dei nostri amici che diventarono figliocci e figliocce, e che sono amici dei nostri ragazzi, in qualche modo tutti parenti!
E la storia ci ha portato ad oggi, adulti, genitori, a sorprenderci di quanto sia importante un giornalino nella vita di una persona, nella vita di una comunità, a sorprenderci di cosa saremmo stati se quell’eco di Monterosa, quel giorno, non si fosse sentito…