Michele Rua, Monterosa, San Domenico Savio, sono tre nomi che identificano una unica “favolosa” realtà, d’la Barriera d’L’Emme.

Io la conobbi molti anni fa, grazie ai miei genitori, che ebbero la lungimiranza di iscrivermi alla scuola Media dei Salesiani.

Conobbi una serie di veri e propri discendenti di Don Bosco: Don Martano era mio insegnante di disegno artistico, e solo chi lo ha conosciuto può confermare cosa riuscisse a  realizzare a mano libera, nonostante il piccolo tremore che aveva agli arti. Come non ricordare Don Virgilio Zucca, per tutti DonVi, un grandissimo Salesiano, che ti salutava sempre porgendoti il mignolino, e con cui amavo parlare e passeggiare nei cortili in terra battuta.

In quella stessa scuola, nel 1983, conobbi il nuovo insegnante di musica, Don Piero. Lo ricordo benissimo perché aveva la cattiva abitudine di interrogarmi ad ogni lezione, ed inizialmente non la presi molto bene. Non sono mai stato un ottimo studente, e neppure la voglia di studiare era una mia abitudine, ma quel modo di mettermi sotto mi stimolò, e ben presto iniziai ad apprezzare quel giovane salesiano, ed imparai discretamente l’arte del solfeggio.

Negli anni DonPi volle farsi voler bene da tutti i ragazzi che frequentavano l’oratorio, mentre per chi non frequentava le attività del pomeriggio suscitava un sentimento di sfida perenne.

Don Piero è un grande amante delle escursioni, e non perdeva occasione per organizzare delle scampagnate o delle impegnative scarpinate in montagna. Nel 1991 avrei dovuto sostenere l’esame di maturità come Perito Industriale Tessile, e anche in quella circostanza DonPi seppe stupirci con una proposta davvero interessante: per una settimana, un gruppo di maturandi e uno studente universitario, avrebbero pensato solo ai libri, presso una casetta persa nel nulla a Resy.

Ricordo ancora il viaggio con il mitico pulmino bianco, ed una volta lasciatolo nel parcheggio, ci aspettava una passeggiata di un’oretta tra i sentieri. Noi ragazzi con i nostri zaini, contenenti libri e vestiario, mentre Don  Piero portava nel suo enorme zaino vettovaglie di ogni genere e svariate suppellettili.

Quella settimana la ricordiamo molto bene, era scandita da piccoli momenti: il saluto alla bandiera al mattino appena alzati, lo studio ininterrotto per tutto il resto del mattino, il pranzo preparato dal nostro DonPi, lo studio del pomeriggio e la messa prima di cena. Era instancabile, non ci faceva mancare nulla, e non permetteva che ci distraessimo dai nostri libri. Non poteva mancare la chitarra e le canzoni a squarciagola, tanto che al terzo giorno ero senza voce. Ogni sera prima di andare a dormire ci leggeva un capitolo del libro “Io speriamo che me la cavo”, con infinite risate da parte nostra. In quella settimana abbiamo avuto anche delle involontarie distrazioni, come lo scoiattolo che sovente faceva capolino vicino al tavolo in cui studiavamo, oppure le soventi litigate dei due fidanzatini che erano un preludio delle moderne trasmissioni televisive.

Ogni giorno Don Piero scendeva da quella montagna, scarpinando di buona lena, con lo zaino vuoto, per tornare qualche ora dopo con lo stesso stracolmo di cibarie.

Un Grande, non ci sono altri appellativi per questo salesiano.

Ovviamente superammo tutti l’esame di maturità, ed anche l’esame universitario, non dimenticheremo mai quella esperienza.

Ci sarebbero ancora moltissime cose che l’oratorio, i suoi Salesiani e i laici mi hanno donato…una infinità di veri amici ed una Straordinaria esperienza che mi permise di conoscere un Santo, quando con il “gruppo ministranti” andammo a servire messa alla Domenica delle Palme sul sagrato di San Pietro.

Anche in quell’occasione DonPi seppe distinguersi: al termine della celebrazione prese il Santo Padre sotto braccio, davanti alle facce sbigottite delle guardie svizzere.

Porterò sempre nel cuore una moltitudine di ricordi, grazie al mio Oratorio e a tutte le persone che ne hanno fatto parte.