storia 30, 27 giugno 2022
          by Alessandro Del Prete

Più le giornate si allungavano con la bella stagione, più in fretta cercavo di finire i compiti per correre al campetto di basket dell’oratorio.

Non scrivevo a nessuno per chiedere se ci sarebbe stato o meno. D’altronde il Nokia 3310 serviva per giocare a Snake o al massimo per farsi gli squilli, ma soprattutto non c’era bisogno di darsi appuntamento: sapevo che qualcuno con cui giocare sarebbe stato già lì con la palla in mano.

Il più delle volte arrivavo quando il campo era quasi pieno e dopo aver deciso

le squadre ai tiri liberi, bisognava fare a turni per giocare e la regola ovviamente era “chi vince resta”. Chi era in attesa della prossima partita sedeva sui gradini dietro il canestro con i ragazzi che di giocare non ne volevano sapere, ma che erano lì per la compagnia oppure per deridere i tamarri con i Combat e le Shox che giocavano a Muretto in fondo al cortile.

Proprio quando una delle due squadre in campo stava per segnare il ventunesimo punto, che avrebbe così sancito la vittoria e finalmente sarei rientrato a giocare, arrivava Dario con il suo tiro alla rovescia da metà campo a rubare preziosi minuti di gioco di questo pomeriggio. Con questo suo show avrà interrotto partite ad almeno tre generazioni di giovani.

Quando la palla finiva verso il muro laterale della sala giochi, dove c’è il campetto con i canestri bassi, ci guardavamo intorno e, lontani dagli occhi vigili di Don Mauro Balma pronto a sequestrar palloni, partiva una piccola gara di schiacciate clandestine. Quando invece la palla finiva dalle parti del bar di Celeste era l’occasione per un time out, per una chiacchierata veloce con lui e i suoi fedeli compagni e per elemosinare qualche caramella gommosa.

Le partite continuavano senza sosta. Ogni tanto si scivolava sulla ghiaia e ci si sbucciava un ginocchio. Per tirare da tre dall’angolo bisognava stare in punta di piedi per evitare di uscire dal campo. Nelle giornate più calde l’asfalto diventava rovente e nonostante il sudore che grondava, noi non smettevamo mai di giocare. In questo clima desertico, ogni tanto da lontano si alzava un grido acuto che pian piano si avvicinava…“Alè Monte!”… Era DDT che con passo lento e braccio alzato veniva a portare il suo saluto ed in pieno spirito salesiano ci ricordava sempre che noi giovani eravamo “Le Colonne”.

Anche dopo le estenuanti giornate di Estate Ragazzi riuscivamo a trovare le energie per una partita. Ricordo bene le numerose sfide uno contro uno con Alessio, il quale continua a dire che il mio era un gioco scorretto e falloso, ma la verità è semplicemente quella che ancora oggi non riesce a digerire quelle sconfitte, che puntualmente gli toccava subire tra le risate del nostro Don GianParrocco che assisteva volentieri alle nostre giocate e anche alle nostre litigate.

 

Erano le estati in cui al Festivalbar c’erano gli Eiffel 65 con Viaggia insieme a me, quelle in cui la nazionale greca di calcio sorprendeva tutti vincendo l’europeo e, solo due anni più tardi, quella italiana era sul tetto del mondo.

Erano le estati di quando al campetto del Michele Rua cercavamo di emulare le gesta dei nostri idoli di cui portavamo quotidianamente i nomi sulle spalle: O’Neal, Iverson, Duncan, McGrady, Carter, Bryant… Io indossavo la maglia blu di Garnett che più che una divisa da gioco era ormai diventata una seconda pelle. Erano le estati in cui questo sport non faceva solo da cornice alle nostre giornate in oratorio, ma rappresentava il legame indissolubile di una generazione che ha condiviso momenti indimenticabili della propria gioventù su questo campo.