storia 21, 20 aprile 2022
            by Giancarlo Giovannini

Un breve contributo, relativo a due Salesiani, con i quali sono venuto a conoscenza e coi quali ho anche collaborato: don Bartolomeo Trivero e don Gianfranco Laiolo.

Don Bartolomeo Trivero, il “triver”,è  sempre stato un austero personaggio, temuto e rispettato sia dagli allievi, che dai confratelli,  ebbe l’incarico di “consigliere” nella scuola. Tra di noi si diceva che l’unica persona che avesse una qualche influenza su di lui fosse stata… sua madre e si commentava che finito il Giudizio finale da parte del Padre Eterno, l’ultima parola sarebbe stata ancora la sua… E’ stato

mio insegnate per tutto il triennio di scuola media (1972-75). Era un burbero, deciso e valido insegnante di matematica e geometria, severo, ma giusto: non faceva preferenze tra gli allievi bravi o meno a scuola, la disciplina era rigorosa. Aveva un modo assai severo di rapportarsi con gli allievi e ogni tanto scappava qualche scapaccione, con le sue manone “ossute” (com’egli stesso le definiva). “Santi scapaccioni”, oserei definirli adesso, che alcune volte mi sono meritato anch’io. Spesso arrivava a far lezione con un mantello/tabarro nero, che ne aumentava l’aspetto “inquietante”… Finita la scuola media posso dire che siamo diventati ”amici”: quando venivo in motorino al Michele Rua a far doposcuola con don Martano, o a fare assistenza in “sala giochi aspiranti”, o a far catechismo, mi consentiva di lasciare il motorino nel suo garage, dove parcheggiava la sua 126 blu, con la quale si recava a celebrare la Santa Messa in una comunità di suore a Castiglione (mi aveva persino dato copia della chiave del garage, quando si decise a chiuderlo…) . Era piacevole stare con lui: aveva sempre la battuta pronta, in genere in dialetto piemontese, ed era simpatico sentirlo “battibeccare” con il suo “amico/rivale a scacchi” don Martano.

Don Gianfranco Laiolo (Lajeul)

E’ arrivato al Michele Rua da Chieri negli anni 80, con alcuni problemi di salute. Abbigliamento sempre un po’ “trasandato”, barba lunga… A poco a poco riprese l’attività per la quale si sentiva più portato: l’attenzione ai ragazzi più difficili, con problemi di delinquenza, di dipendenza da sostanze stupefacenti, ex-carcerati. Per costoro, con l’aiuto di alcuni adulti oratoriani, organizzò anche una scuola serale, in un negozio di via Brandizzo, per dar loro almeno la licenza media…  In seguito, visto che spesso i suoi “amici” creavano qualche problema in oratorio, stabilì la sua “sede” nella “chiesetta di legno” di via Perosi (ex-edificio che ospitava in origine la parrocchia della Resurrezione, poi edificata in via Pergolesi, dietro l’ospedale Astanteria Martini, che dal 1988, anno del centenario della morte, venne rinominata Ospedale <San> Giovanni Bosco. In questa chiesetta incontrava questi ragazzi e le loro famiglie e da qui prese il via la sua attività che lo portò in seguito ad aprire due case accoglienza per recupero di tossicodipendenti, la prima a Ferrere d’Asti (dalle parti di Villanova) e l’altra ad Alice Superiore, in Valchiusella. Si trasferì poi a tempo pieno a Ferrere.

Perché ho scelto di mettere in relazione questi due Salesiani?

Perché finchè ha alloggiato al Michele Rua don Gianfranco si è trovato a dover discutere e sopportare i giudizi non sempre benevoli di alcuni suoi confratelli. Un giorno mi fermai a pranzo con la comunità Salesiana e per tutto il tempo don Gianfranco, seduto al mio fianco, mi sembrava piuttosto triste e sfiduciato. Don Trivero era seduto di fronte a noi. Finito il pranzo il “triver” si avvicinò a don Gianfranco, in rigoroso dialetto piemontese, gli disse: “Sta tranquil, Lajeul, perché se t’i-j daghe da ment a tuti ij can ch’a bàulo it seurte pì nen da ca!” (Sta tranquillo, Laiolo, perché se dai ascolto a tutti i cani che abbaiano non esci più di casa!) Questa frase mi è rimasta impressa e mi ha sempre più convinto che dietro quell’aspetto burbero e forse “scostante” vi era una persona comunque sensibile!