(sintesi da “Oratorio Salesiano tra società civile e comunità ecclesiale” – Atti della conferenza nazionale CISI, SDB, Roma 1989, sintesi pp. 87-119, J. VECCHI, L’Oratorio salesiano tra memoria e profezia.)
L’Oratorio salesiano è
- missione aperta nel continente giovanile
- con un ambiente di riferimento e di irradiazione
- che si propone la salvezza dei giovani
- accogliendo e evangelizzando la loro vita
L’ORATORIO, MISSIONE APERTA NEL CONTINENTE GIOVANILE.
Memoria
L’oratorio di Don Bosco nasce non come sede di servizi “normali” (parrocchiali), ma modellandosi sui bisogni dei giovani; si rivolge ai giovani che non avevano parrocchia o non sapevano di appartenere ad una parrocchia.
L’oratorio è prima di tutto ricerca per le strade, le botteghe, i cantieri. Se i giovani non si avvicinano, bisogna prima di tutto andare loro incontro. I programmi sorgono dopo l’incontro con i giovani. Prima di essere scelta di un programma, è scelta di persone e queste sono gli “ultimi” e a partire da essi tutti. Per Don Bosco l’oratorio È un movimento verso i giovani, per incontrarli dove essi si trovano. Movimento che si spinge verso i margini religiosi, sociali, umani; lo sguardo va verso chi non È inserito nelle istituzioni regolari, senza escludere quest’ultimi. L’oratorio è per tutti, non rivolto agli speciali dal punto di vista dell’eccellenza o della devianza, ma al povero comune nel quale sono vive le risorse per accogliere una proposta di recupero e di crescita.
Profezia
“Tipo” di destinatario.
Oggi il numero di giovani raggiunti dalle iniziative ecclesiali è minimo. La chiesa ci invita a partire dagli “ultimi”, coloro che sono rimasti fuori dai circuiti normali di evangelizzazione e di educazione. Sono i “lontani”. Lontani dalle preoccupazioni per la dimensione religiosa, lontani dal messaggio cristiano trasmesso dalla Chiesa; sono coloro che pur riconoscendosi nella Chiesa non la frequentano più’. Sono lontani quelli che sono cresciuti in un altro continente culturale, un altro linguaggio, un’altra morale.
L’Oratorio, non è un cenacolo per i migliori, non è una sede di recupero per coloro che versano in gravi devianze. Si costruisce sulla misura di “questo” ragazzo – giovane comune (lontano), categoria a cui appartiene oggi il più grande numero.
L’Oratorio, nato per i ragazzi fino alla adolescenza, sente oggi l’esigenza di allargare le sue proposte alla gioventù. Si assiste infatti ad un allargamento dell’età giovanile e del periodo educativo. Sono dell’età giovanile i fenomeni più preoccupanti di abbandono e di marginalità, insieme anche alle manifestazioni più interessanti di impegno.
Missionarietà
E’ raccomandabile l’inserimento dell’Oratorio in una pastorale organica, ma l’azione parrocchiale non può inquadrare tutte le possibilità di un Oratorio. Questo sarà sempre un’iniziativa alle frontiere, nel punto di incontro tra comunità cristiana e società civile, una presenza di cristiani tra la gioventù. I salesiani sono chiamati ad essere missionari oltre le parrocchie e sensibilizzatori delle comunità e dei pastori sulla condizione giovanile.
Ricerca dei giovani
Anche oggi il contatto “fuori le mura” È indispensabile. Il “territorio” diventa un riferimento obbligato dove rilevare attentamente le situazioni, dove lavorare e raggiungere tutti i giovani. Il punto fondamentale È riuscire a collocarsi psicologicamente e pastoralmente nel vivo dei problemi in cui i giovani meno favoriti si dibattono.
Oltre al confronto con le altre agenzie che si occupano dei giovani non è da escludere l’incontro diretto con gruppi spontanei o la presenza nella strada di salesiani e animatori.
LA MISSIONE HA UN AMBIENTE DI RIFERIMENTO E DI IRRADIAZIONE.
L’ambiente È la base dove si opera, da dove si parte e dove si confluisce. Senza l’ambiente diventerebbe impossibile programmi di recupero e di crescita; ma se l’Oratorio si rinchiudesse nel proprio ambiente, la sua missionarietà svanirebbe.
Il significato di ambiente comporta diverse componenti.
Ambiente umano
L’ambiente. È costituito da una comunità e un tessuto di rapporti personali. Don Bosco creò ambiente quando non aveva ancora sede stabile, era la comunità giovanile “nomade”.
La comunità ha una fisionomia propria, un’organizzazione, delle finalità . Si caratterizza per il clima di comunicazione spontanea, per la corresponsabilità partecipata, per il coinvolgimento in obiettivi conosciuti chiariti e accettati. Al interno di questa trama di rapporti ci sono ruoli chiave: il direttore, che più’ che un organizzatore È colui ha un’attenzione particolare per ogni persona, conosce i problemi giovanili, sa parlare al “cuore” dei giovani; gli adulti, qualificati per portare i giovani attraverso un itinerario di maturazione e crescita attraverso il contatto informale, l’amicizia , le attività . (assistenti, catechisti…).
L’ambiente non è quindi un semplice affluire di giovani che utilizzano spazi o cose in modo anonimo, ma è un insieme di incontri significativi assumere qualche cosa in comune.
I giovani in questa comunità, più’ che invitati a usufruire di iniziative preparate dagli incaricati, sono la componente principale della comunità; è ambiente costruito dai giovani con l’aiuto degli educatori, comunità che accoglie e invita tutti, soprattutto coloro che hanno bisogno di aiuto o sono in ricerca.
Luogo fisico adeguato
Un luogo di aggregazione e di espressione giovanile è elemento indispensabile. E’ come la casa per la famiglia. L’ambiente così costituito è chiaramente cristiano, lo si sa collegato alla comunità ecclesiale; ma non si presenta come luogo “religioso”, appare come spazio aperto alle manifestazioni sane dell’età giovanile.
L’ambiente è regolato; a chi si inserisce si chiede come minimo disponibilità a fare un cammino, non importa con quali ritmi o risultati. Si chiede la volontà di costruire insieme e non soltanto di adoperare in maniera “anonima” impianti e attrezzature.
Rapporto con le altre agenzie educative
Non si sostituisce alla famiglia, alla scuola o fare concorrenza a centri sportivi o sale giochi. Aiuta a filtrare e a fare la sintesi delle esperienze che si fanno. E’ un’attività del tempo libero, non per riempirlo ma per far sentire al giovane che il tempo “senza obblighi” È una possibilità per prendere in mano la propria, per scoprirla nei suoi aspetti più’ profondi e misteriosi: come grazia e vocazione. Il ragazzo sente così un riferimento interiore all’ambiente, si identifica con il suo stile e le sue prospettive: l’Oratorio comincia ad essere dentro di lui.
Come conciliare la caratteristica di essere “mondo aperto” a tutti e il fatto di dover garantire certe finalità?
Ispirandosi al criterio missionario, si tenderà a potenziare la capacità della comunità di assimilare elementi ancora non identificati totalmente con l’ambiente e allargare i margini di tolleranza. Si cercherà di attirare e “vincere” piuttosto che allontanare. Nella misura in cui la comunità non riesce in questo, l’indice di incidenza e tolleranza scende e quindi bisogna procedere per ‘tagli’ (selezione dei soggetti).
La comunità dell’Oratorio
La composizione, animazione e corresponsabilità , particolarmente della componente adulta sono indispensabili perché‚ si eviti un’eccessiva selezione. Il suo influsso è infatti superiore a quello dei locali o delle offerte di attività . La sua formazione è quindi uno dei primi punti di attenzione.
Ruolo dei salesiani e delle FMA
Sono gli animatori, gli educatori alla fede ed educatori degli educatori in corresponsabilità , punti di riferimento per la comunione e la partecipazione.
Ruolo dei laici: animatori, catechisti, allenatori, collaboratori, genitori, amici.
Vanno coinvolti nell’intenzione e nella progettazione educativa, è una presenza necessaria che va allargata e apprezzata nel suo carattere di “vocazione” complementare a quella del prete, del religioso, della suora.
Si cercheranno laici che siano testimoni autenticamente cristiani, motivati, consapevoli e adeguatamente preparati. Devono avere un vivo senso ecclesiale, profondamente convinti di essere educatori missionari inviati da Cristo in un oratorio missionario.
N.B.
Gli educatori non vanno considerati alla stregua degli oratoriani. Su di loro poggia la formazione dell’ambiente. Una selezione, guidata da criteri pastorali e non soltanto dal bisogno di prestazioni tecniche, appare quanto mai necessaria.
Non dovrà mancare quindi una formazione sistematica nel quotidiano per rafforzare la loro profondità cristiana, capacità pedagogica, senso pastorale e spirito salesiano. Tocchiamo qui uno dei punti dai quali dipende il futuro dei centri giovanili. Il cammino dei una comunità non ammette cambiamenti imprevisti e non motivati all’insegna di criteri individuali. Impostare un ambiente oratoriano significa seguire indirizzi chiariti e assunti alle volte con fatica. La loro messa in atto punta necessariamente sui tempi lunghi.
MISSIONE APERTA E AMBIENTE DI RIFERIMENTO SI PROPONGONO LA SALVEZZA DEI GIOVANI
La salvezza
La salvezza è liberazione reale dai rischi che possono compromettere lo sviluppo dell’uomo secondo la sua vocazione, è apertura a nuove possibilità di vita, offerta e aiuto per realizzare queste possibilità. Il giovane deve prendere coscienza di questa liberazione e di queste nuove possibilità di vita che gli vengono offerte.
Per operare la salvezza dei giovani Don Bosco, tra le diverse possibili strade (via politica, via catechistica…), scelse la “via educativa”. In questa via l’Oratorio diventa una miscela di catechesi, educazione, iniziative del tempo libero che permettono al giovane di affrontare la vita con le sue sfide e di prepararsi al futuro.
L’Oratorio oggi, salvezza per i giovani.
All’Oratorio di oggi si pone il problema di come essere di salvezza per i giovani, ecco alcuni suggerimenti concreti:
- costituirsi in “osservatorio” della condizione dei giovani nel quartiere, rilevando le situazioni che possono compromettere la crescita umana e cristiana e quelle che possono favorirla;
- segnalare a tutta la comunità queste situazioni per coinvolgerla nella soluzione dei problemi giovanili;
- preparare proposte significative contro i rischi di devianza e di abbandono che appaiono nel quartiere;
- impegnare direttamente coloro che sono disponibili, perché‚ già motivati umanamente e religiosamente, nell’incontro educativo coi giovani;
- preparare un progetto globale di crescita umana e cristiana, con itinerari per le diverse face di età e le diverse situazioni dei giovani.
ATTRAVERSO UN PROGRAMMA ORIGINALE DI ESPRESSIONE GIOVANILE, EVANGELIZZAZIONE, ANIMAZIONE CULTURALE.
Don Bosco ha fondato l’Oratorio su tre elementi: gioco, catechismo, istruzione – promozione.
Oggi questi tre elementi (li abbiamo chiamati espressione giovanile, evangelizzazione, animazione culturale) vengono offerti in luoghi propri; È importante chiarire come essi rientrano nell’Oratorio senza rischiare dei doppioni.
Nella “politica” oratoriana ciascun elemento include necessariamente gli altri due. Tutti e tre sono in vista dell’obiettivo già descritto: la crescita personale e sociale, secolare e ecclesiale della persona mediante la partecipazione attiva in un ambiente propositivo. La qualità , la validità di ciascun elemento non è data solo da elementi propri ma risulta dall’inserimento in un “sistema”, l’orientamento educativo – pastorale dell’Oratorio.
Il gioco – espressione
Per Don Bosco e i salesiani è un elemento educativo di primo ordine. Le attribuiscono un’importanza straordinaria per la vita del ragazzo. Liberando e sviluppando la gioia e la vitalità, si consolida l’equilibrio umano e si predispone al positivo. “Noi invece dei castighi abbiamo l’assistenza e il gioco”.
Il gioco – espressione educa per sua stessa natura ad alcuni valori: senso di libertà , disciplina, sviluppo del corpo, comunicazione, amicizia, collaborazione, senso sociale , clima festivo. Tutto questo consente all’educatore di inserirsi nel ritmo vitale del ragazzo e a parlargli da amico.
L’evangelizzazione
Il gioco – espressione È motivato dall’annuncio del Vangelo fatto ai giovani, dal suo approfondimento “catechistico, dalla proposta di una spiritualità da vivere che si ispira alle beatitudini: “Ti voglio mostrare un cammino per essere felici…”
Anche per la comunicazione della fede esistono diversi modelli: “familiare”, “scolastico”, “parrocchiale”, “associazionistico”…
Qual è il modello oratoriano , che non si sostituisce agli altri, ma li ricicla in una nuova sintesi?
L’Oratorio si propone una evangelizzazione missionaria che riprende l’annuncio essenziale per collocarsi a livello degli “ultimi”; quindi centralità dell’annuncio di Cristo; accoglienza di chi si trova a livelli bassi di fede; ricerca di chi potrebbe essere disponibile; uscita dal proprio guscio; “pratica” delle diverse forme di primo annuncio:
- “che parla della vita e sulla vita”, quindi i “fatti” che coinvolgono i giovani diventano annuncio di salvezza; la vita è presentata come un “dono”: è valorizzato ciò che i giovani portano dentro come ideale; è prevalentemente “esperienziale”;
- “che è più’ ricerca provocata e accompagnata” che “lezione”, quindi il grande mistero da esplorare è la vita dei cristiani: Gesù’ cammina con loro; il catechista È un amico – animatore; le vie sono molte: gioco, incontro personale, gruppo, celebrazione, comunità ; criterio fondamentale: riuscire a dire ciò che i giovani sono capaci di vivere e vivere ciò che hanno potuto dire: percepire, imparare, riesprimere la fede.
- “sistematica” senza staccarsi dal vissuto; catechesi; selezione di nuclei significativi della fede per illuminare l’esperienza; punti di riferimento per la scelta: vita dell’Oratorio, età dei ragazzi, eventi più’ significativi, ritmo liturgico, problemi culturali;
- “che mira a traguardi “qualificati” e cerca di raggiungerli seguendo i ritmi dei ragazzi: formazione cristiana di base, conoscenza della fede, cultura cristiana, spiritualità salesiana, impegno professionale e sociale: “buoni cristiani e onesti cittadini.
L’animazione culturale
La cultura comprende l’allargamento dell’esperienza personale, la percezione di nuove dimensioni della vita e della storia, l’elaborazione di un senso per l’esistenza, l’incontro creativo con lo sforzo che persone e comunità fanno per la qualità della vita personale e sociale.
L’animazione culturale mette in evidenza un modo di approfondire la fede attraverso il confronto con i problemi della cultura e della convivenza.
Quale animazione culturale nell’Oratorio?
Un’animazione
- che parte e sviluppa dalla libertà intesa come cuore – ragione;
- che parte dai frammenti o semi che i soggetti portano
- propositiva: che va sempre oltre riguardo a quello che sente di possedere;
- sintetica, non frammentata, che riconduca l’esperienza ad alcuni nuclei catalizzatori: valore della persona, bisogno di senso, risposta etica, comunione e solidarietà , mistero;
- qualificata, non qualunquistica, graduale secondo la possibilità dei soggetti, ma senza cedere a richieste riduttive;
- aperta ai confronti
- critica, che prepara ad intervenire in un contesto pluralista, secolare, deideologizzato, individualista, di progetti a corto respiro;
- che sviluppa la capacità di imparare la vita, abilita alla lettura degli eventi, delle forza che interagiscono, alla percezione della posta in gioco, che abilita a scegliere ispirandosi alle beatitudini anche se ‘perdenti’;
- di tipo educativo che vede nei gruppi giovanili il perno del movimento comunitario e il luogo dove si elaborano e si attuano le proposte di comunione, consapevole del proprio contributo e della propria originalità : sensibilità verso le questioni giovanili, capacità di risposta – segno alle nuove povertà , capacità di congiungere le “agenzie” di educazione e di animazione culturale e religiosa.
CONCLUSIONE
L’Oratorio così concepito, vuol essere una forma di annuncio in un tempo di nuova evangelizzazione in contesti secolarizzati.
E’ “mediazione di chiesa” per i lontani; si propone di diventare fermento nella comunità umana in un momento in cui la chiesa si riconosce “nel” e “con” il mondo sebbene non “del” mondo. Si colloca nella linea del futuro, della speranza, degli eventi di salvezza.